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martedì 6 gennaio 2015

Miserere misero me però brindo alla vita



Ok, siccome non avete la più pallida idea di cosa mi possa frullare per la testa di scrivere, dal testo vi sareste aspettati una bella recensione sulla canzone del compianto Pavarotti e di Zucchero Sugar (ovvero Zuccherox2) Fornaciari. Invece no, manco di striscio. 

Si tratta di uno degli indie RPG che piacciono a te: semplici, semi sconosciuti ma interessanti. 

E allora ci spendi due -anche quattro, crepi l'avarizia- parole. 



Sviluppato da un certo OWL, il gioco ci proietta a bordo di un'astronave spaziale: wow, già vi aspettate sparatorie col faser, scudi, sistemi di occultamento nello spazio profondo. No. Il nostro protagonista vi si trova da solo semplicemente per controllare che tutto funzioni: chiuso tra quelle paratie elettriche da tempo immemore -senza nemmeno sapere quale sia l'utilità del suo lavoro, chè dirci a che serva quell'astronave non ci si pensa- ha trovato rifugio nella lettura finchè non gli sono finiti i libri e nella coltivazione -giuri: c'è un orto a bordo di quella astronave- finchè non si è stancato. Aggiungiamoci pure che non è che abbia molto da fare considerato che il sistema è praticamente in grado di gestirsi da solo: solo quando suona la sirena -e non suona- sono cazzi. 

Allora, beh, voi che fareste? Dirigereste l'astronave verso qualche pianetino interessante per passarci un bel sabato sera? O per comprarvi qualche videogame e qualche altro bel libro? No, non scherziamo. Dormireste. Che è quello che fa lui, tanto che l'intero gioco -o almeno buona parte di esso- si svolge nei sogni del protagonista. Solo che, trattandosi di un horror RPG, sono incubi. 

Finita la trama -se volete saperne di più giocatevelo, ecco il link- vediamo il gioco in sè. 

Graficamente non è per nulla male se comparato all'altro di cui avevi parlato qui: certo i personaggi sono nulla più che ammassi di pixel in bassa risoluzione ma i fondali sono decisamente carini e ben studiati. Colpisce soprattutto la varietà degli stessi che fanno perdere il giocatore in quartieri cittadini come in case giapponesi con tanto di tatami come anche nello spazio. La creatività è decisamente un punto molto forte di questo gioco. 

Il sistema dei comandi è ridotto all'osso: frecce direzionali, un tasto (invio) per compiere qualsiasi azione - prevalentemente esaminare, qualche volta saltare- un tasto per il menù e uno per uscirne. Il menù è si' spartano ma comunque efficiente. Teniamo in considerazione che non verrà usato spesso in quanto solitamente la pressione di invio causa che il gioco in automatico chieda se si voglia utilizzare l'oggetto dell'inventario necessario. 

In questa maniera si perde un po' la componente RPG: il gioco consisterà per lo più solo nel trovare gli oggetti necessari recandosi nei posti giusti e poi utilizzarli arrivando dove servono; a memoria c'è solo un puzzle abbastanza agevole che richiederà un minimo di impegno. 

Il resto la fa l'ambientazione -molto varia, come già detto- e un pizzico di nonsense -i luoghi sono totalmente irreali ma del resto siamo all'interno di un sogno- unito ad una discreta varietà di soluzioni di gioco: si entra nei quadri, si trova una combinazione, si cercano chiavi etc., tutte soluzioni care agli RPG. 

Piacevoli pure le letture che si trovano disseminate tra dimensione onirica e dimensione reale che trattano talvolta di piante, talvolta della materia dei sogni, tale altra dei mostri e delle loro possibili interpretazioni. 

In definitiva un gioco piacevole che impegna qualche ora -al primo tentativo dovremmo essere tra le 4 e le 6- senza far scervellare più di tanto con quesiti impossibili. 

A parte ovviamente quello relativo al come sia possibile saltare dentro una valigia e trovarsi trasportato in un pianeta come quello di Re Kaio con altri meteoriti che gravitano attorno.

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